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sabato 19 dicembre 2009

Bari - Successo trionfale della Turandot di Giacomo Puccini con la regia di Roberto De Simone


Anche l’ultimo spettacolo della Turandot andato in scena il 13 dicembre al Teatro Petruzzelli di Bari, ha conclamato il tutto esaurito.

Numerosi i pullman all’esterno del teatro, provenienti dalla provincia per poter assistere a questa rappresentazione che ha declamato l’inizio della stagione teatrale d’opera del politeama di Bari.

Il dramma lirico in tre atti e quattro quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, liberamente tratto dall’omonima fiaba teatrale di Carlo Gozzi, è l’incompiuta del Maestro Giacomo Puccini.
Uno dei capolavori del novecento e come tale si è voluto omaggiare il compositore di Lucca, interrompendo l’esecuzione dopo la morte di Liù, proprio dove Puccini aveva sospeso la partitura, poiché morì a Bruxelles a causa di un tumore alla gola, rendendo così un finale altamente simbolico che ha emozionato i presenti, nonostante ci fosse un finale composto da Franco Alfano.


Inizia lo spettacolo preceduto dal suono di ottoni , dove trombe tromboni danno il senso di potenza, un potere malefico che ben rappresenta lo scenario che si spalanca al pubblico del teatro.


Un imponente allestimento scenico dello scenografo napoletano, Nicola Rubertelli, propone una impressionante scalinata di pietra grigia, dove al vertice si erge il palazzo imperiale della città proibita di Pechino.

Ai lati delle scale, statue dell’esercito di terracotta che erano di guardia alla tomba del primo imperatore cinese Qin Shi Huang.

Rubertelli non ha voluto mostrare le ridondanti cineserie, proprio perché il racconto di Turandot nasce da una raccolta di fiabe persiane intitolata ‘Les mille et un jour’ (Le mille e un giorno).

Ma la prima sorpresa è nel constatare che quelle che si ammirano non sono copie delle statue, ma bensì i componenti del coro.

Dopo la loro impressionante immobilità, le “statue” prendono vita si muovono corrono per la scalinata, perché in questa rappresentazione la “Folla” , la massa oppressa pucciniana che odia e venera la crudele Principessa è proprio da loro rappresentata.

Stupefacenti gli abiti proposti dalla costumista Odette Nicoletti, dalla riproduzione delle statue a quella dei protagonisti, iridescenti, multicolori.
Anche lei come Rubertelli, non ha presentato la gamma floreale e faunistica tipica cinese, ma ha rappresentato questi abiti cangianti e luminosi, proprio come i loro volti traslucidi, per non dare una netta definizione del luogo e del tempo.

E che dire dell’esecuzione musicale?

Una delle opere più orecchiabili e più belle di Puccini, dove il maestro concentra la sua attenzione più che sui protagonisti, sul coro.


Una partitura con una grande ricercatezza metrica dove il direttore Renato Palumbo, con la sua bacchetta ha saputo ben trasmettere la tensione e le varie atmosfere che cambiano improvvisamente e dove ogni atto termina con un tripudio di suoni e di voci da suscitare emozione.


E le voci?

Martina Serafin (Turandot) una soprano impeccabile nel ruolo di principessa algida e crudele, come Fabio Armiliato (Calaf) che per la sua particolare vocalità è uno dei tenori più importanti sulla scena internazionale. Applausi a scena aperta quando ha terminato di cantare la famosa aria “Nessun dorma”.
Roberta Canzian (Liù) soprano convincente nella sua parte.

Domenico Colaianni (bass-bariton), Cristiano Olivieri (Baritono) e Stefano Pisani (Tenore) rispettivamente Ping – Pang e Pong , che con una nota di colore hanno ben rappresentato le figure sprezzanti e ciniche dei ministri di corte.

Il coro della Fondazione Petruzzelli preparato dal Maestro Franco Sebastiani, non ha per niente deluso, visto il ruolo imponente in quest’opera, così come il Coro delle Voci Bianche del conservatorio “Piccinni” di Bari diretto dal M°. Emanuela Aymone.

Ma accanto alla musica e alle voci del coro non possiamo non menzionare le coreografie di Domenico Iannone che hanno ben supportato e dato movimento allo spettacolo.

Impeccabile la regia di Roberto De Simone e pregevole tutta la rappresentazione come è stato apprezzabile la scena dove la Principessa racconta l’origine della sua crudeltà e nel contempo come in un film si vede la storia della sua antenata, una giovane fanciulla violentata da un soldato dell’esercito invasore.

Anna deMarzo

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