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mercoledì 28 ottobre 2009

L'Affaire Marrazzo di Roberta Piferi.


Servendomi di una definizione molto sfruttata, più che di “affaire” dovrei parlare di “vizi privati e pubbliche virtù”, ma francamente non me la sento di fare del moralismo a buon mercato. Ciò che piuttosto mi sconcerta, non è se la vicenda (in parte misera, in parte scontata) sia “bene” o “male”, di “destra” o di “sinistra”, “morale” o “immorale”, quanto il fatto che pubblici personaggi, assurti ai fasti (ed ai nefasti) di grandi carriere e di una in parte sbandierata notorietà, non si accontentino dei privilegi che la vita, o le capacità personali hanno loro accordato, ma che pretendono sempre di più inseguendo tra l’altro la “diversità” a tutti i costi. Ecco dunque politici di grido, professionisti stimati ed apprezzati, giornalisti affermati sbattuti come mostri in prima pagina non già, stavolta, dalla crudezza dell’informazione tout-court, bensì “grazie” a quella sicumera, confinante con l’arroganza e con l’impunità, in nome della quale tutto è consentito fare. Andare con le escort, oppure coltivare il “vizietto” alla luce del sole estivo servendosi di macchine di Stato. Generalmente sono ormai poche, le cose che mi scandalizzano. Il vizietto di Marrazzo è purtroppo una “pratica” piuttosto diffusa tra la popolazione maschile. Del resto, dove c’ molta richiesta c’è anche molta offerta: è la legge del mercato. Ciò che casomai meraviglia è come, raggiunta un’elevata posizione sociale, rivestita una carica pubblica, soddisfatti quelli che considero i bisogni primari del genere umano (costruirsi una famiglia, possedere una casa) si possano mettere a repentaglio affetti personali ed agiatezza all’insegna del “famolo strano”. Buttare alle ortiche un matrimonio consolidato da anni, perdere la faccia di fronte ai propri figli, agli elettori ed ai collaboratori per le misure over size di Deborah o Luanona che sia. Al modico prezzo di 5.000 euro a prestazione. Cinque volte lo stipendio di un operaio, di un impiegato o di un insegnante. Ritirarsi poi nella quiete del convento ad espiare i peccati della carne tra un ave, un pater ed un gloria. Io rispetto i gusti di tutti (le perversioni un po’ meno), però non si va ad un appuntamento hard con la macchina blu. Questo sì è un insulto, e soprattutto alla classe povera del Paese che, della classe politica del medesimo Paese sta pagando, oltre i lussi, anche le depravazioni. Questo non mi va. Questo sì, mi scandalizza e mi offende. Tutto il resto, come nella famosa canzone di Califano, è noia. Probabilmente sussulterò, quando leggerò sui giornali che ad un celebre personaggio pubblico (di destra o di sinistra) corrisponde, anche, una vita integerrima e morigerata. Per Marrazzo, forse sarebbe stato meglio rimanere relegato al ruolo più ristretto del giornalista di “Mi manda Rai 3” piuttosto che assurgere alle vette di una povera notorietà.

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