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venerdì 23 ottobre 2009

DIRITTO DI CRITICA: IMPORTANTE SENTENZA DEL TRIBUNALE DI LECCE

Il TRIBUNALE DI LECCE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dr.ssa C. Invitto, ha nei giorni scorsi pronunciato una interessante sentenza in materia di libertà di stampa e di critica su ricorso giudiziale proposto dall’Avv. Piergiorgio PROVENZANO e dall’avv.Pandiscia di Roma.
La vicenda processuale nasce a margine della nota vicenda della cessione del QUOTIDIANO DI LECCE al gruppo CALTAGIRONE, che vide svilupparsi una forte contrapposizione tra i giornalisti, divisi tra chi accettava le condizioni della nuova proprietà e chi non le accettava e veniva licenziato. In tale contesto di aspra contesa fu pubblicata sul giornale “Stampa di Puglia e Basilicata”, periodico dell’Assostampa locale, una pagina in cui venivano raccolte le manifestazioni di solidarietà nei confronti dei giornalisti licenziati.
Alcuni giornalisti tra quelli che avevano sottoscritto l’accordo con la nuova proprietà ritennero lesiva della loro dignità ed onorabilità una di queste testimonianze, a firma di un rappresentante del sindacato dei giornalisti, in quanto, parlando appunto dei giornalisti che avevano fatto accordi, li aveva apostrofati con le espressioni “servi della gleba”, definendoli come esercenti “il mestiere più antico del mondo”. Per questo motivo avviarono un giudizio civile innanzi il Tribunale di Lecce, citando in giudizio quel giornalista ed il direttore responsabile della testata sindacale che aveva pubblicato il pezzo, chiedendo il risarcimento dei danni quantificati in un miliardo di vecchie lire.
Con la sentenza oggi pubblicata il TRIBUNALE DI LECCE ha respinto la domanda, definendo “le espressioni contenute nell’articolo del febbraio 1999 ….certamente frutto della accesa contrapposizione polemica tra le parti, ma ….. assolutamente prive di qualsivoglia intento gratuitamente offensivo e denigratorio nei confronti degli attori”, rammentando che “il diritto di critica giornalistica può essere esercitato anche in modo ‘graffiante’, ma con il parametro della proporzione tra l’importanza del fatto e la necessità della sua esposizione anche in chiave critica ed i contenuti espressivi con i quali la critica è esercitata”.
In altri termini, il TRIBUNALE DI LECCE, nelle due espressioni incriminate “servi della gleba” e “mestiere più antico del mondo” non ha ravvisato efficacia lesiva dell’onorabilità dei destinatari di tali appellativi, peraltro non indicati nominativamente ma in maniera generica, ritenendo che tali termini, benché forti, rientrassero comunque “abbondantemente nei limiti della correttezza formale e del rispetto dell’altrui dignità, in quanto espressioni non grevi né volgari né di per sé inequivocabilmente destinate ad umiliare il destinatario delle stesse”, ed “obiettivamente dirette a soggetti non individuati e che pertanto anche sotto tale aspetto perdono ogni valenza offensiva dell’immagine altrui, perché non riferite a qualcuno in particolare”.
Tale importante decisione, secondo Giovanni D’AGATA componente nazionale del Dipartimento Tematico “Tutela del Consumatore di Italia dei Valori, ristabilisce in termini chiari ed inequivocabili il DIRITTO DI CRITICA e di critica aspra, senza che per questo un giornalista che tale diritto eserciti debba temere conseguenze giudiziarie in un momento storico, come il nostro, in cui la libertà di stampa viene sempre più presa di mira da interessi personalistici.

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