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lunedì 7 settembre 2009

CAMMAROTA LASCIA LA “SUA” CITTÀ DEL FARE.

Perché hai deciso di lasciare ? Getti la spugna?
Tutt’altro. Lascio perché ho terminato il compito che mi fu assegnato nel novembre del ’98. Perpetuare sé stessi contrasta con la mia etica professionale e la mia storia. Questo lungo e appassionante impegno lavorativo ha prodotto la “Città del fare”, un’Agenzia Locale di sviluppo conosciuta in Italia e all’estero per la sua capacità di attuare efficacemente le politiche comunitarie di coesione al servizio del Sistema territoriale a Nord Est di Napoli.
Sul piano personale ho avuto la soddisfazione di dimostrare che fare sviluppo “dal basso” è possibile.
È vero, ma i finanziamenti sono pur sempre venuti “dall’alto”.
Dall’alto piovono tante cose, talvolta anche gli stessi impedimenti allo sviluppo. Sappiamo bene che i finanziamenti non sempre hanno prodotto risultati tangibili. Altra cosa è quando un territorio ha una strategia concertata e condivisa e sa cosa fare. In tal caso si mobilitano anche le risorse endogene e si produce un “valore aggiunto” superiore alle somme investite.
Non hai scrupolo a lasciare l’Agenzia senza guida?
Sono le idee che guidano le persone, il mio stesso lavoro è stato guidato da un’idea. La storia ci insegna che quando accade il contrario si generano mostri.
L’Agenzia è costituita da un team di giovani professionisti che si è formato in questo duro decennio di sperimentazione. Il territorio esprime una “domanda” di sviluppo su cui abbiamo prodotto tante idee da poter andare avanti per il prossimo ventennio. Molte sono già progetti cantierabili proposti nel quadro della programmazione 2007-2013. Siamo in attesa.
Quali suggerimenti a chi ti succederà?
Partire da tutto quello che è stato fatto e andare oltre. Il Partenariato della Città del fare è la forza propulsiva di questo territorio, la Concertazione di qualità è il metodo per estrarla. Abbiamo imparato che il capitale sociale territoriale è un bene prezioso ma deperibile. Se non si manutiene e si aggiorna, può persino incidere negativamente nei processi di sviluppo.
Qual è la chiave di successo?
Può sembrare banale, ma è sufficiente analizzare e conoscere profondamente il contesto e applicare le politiche comunitarie di coesione e sviluppo: Partenariato, Concertazione, Integrazione, Sussidiarietà, Decentramento e Innovazione amministrativa, …
Ma bisogna farlo con coerenza e in termini di qualità, anche ai livelli di governo sovralocale.
Qual è la tua più grande soddisfazione?
L’aver sperimentato che queste culture operative hanno un valore universale. Altro che “localismo”. Nei Paesi latino-americani il modello delle Agenzie Locali di Sviluppo è ormai diffuso e affermato. Fui invitato nel 2002 a fare trasferimento di saperi, oggi sono “istituzionalizzate” nelle politiche ordinarie dei governi locali, provinciali, regionali e nazionali. L’ultimo invito mi è giunto dall’industrializzatissimo Giappone per gennaio prossimo. Si vede che anche lì hanno il problema di fare sviluppo inclusivo e sostenibile.
E invece in Italia e in Campania?
La vita di queste esperienze è più difficile e contrastata. Si fa molta retorica su queste culture operative, ma si stenta ad innervarle nelle pratiche ordinarie del sistema pubblico. Ci sono ancora forti resistenze all’innovazione, nella Politica e nella Amministrazione.
Servirebbe più coraggio e maggiore coerenza tra le intenzioni dichiarate e i comportamenti.
Che cosa aiuta e che cosa contrasta le politiche di coesione?
Il comportamento del sistema pubblico è determinante. La coerenza le aiuta, l’incoerenza le vanifica. Nelle esperienze di successo abbiamo imparato che per produrre coesione è proficuo agire dal basso e con approccio integrato, partire dalle dimensioni più prossime al territorio. Ho avuto modo di discuterne più approfonditamente in un recente convegno europeo, il Social Polis, tenutosi a Vienna 11 e 12 Maggio, dove sono stato invitato a relazionare su “Come costruire coesione sociale?” (Il testo è disponibile sul sito www.cittadelfare.it)
Qual è il tuo grande rammarico?
Ho impegnato 20 anni di vita professionale su obiettivi concreti verso idealità che mi sembravano più largamente condivise e persino codificate in leggi dello Stato. Mi rammarico che c’è troppa gente che non dice quel che pensa e non fa ciò che dice.
Ma non ce l’ho con nessuno in particolare, è una caratteristica del nostro tempo. Forse per questo stiamo così inguaiati.
È in controtendenza lasciare un posto di lavoro ben remunerato in tempo di crisi
La crisi non mi spaventa. Non ho smarrito il mio antico mestiere di pescatore e marinaio, lo facevo da ragazzo per contribuire all’economia familiare. Il saper fare mestieri antichi mi ha sempre dato un senso di sicurezza, ma sono convinto di poter applicare le cose che ho imparato in altre dimensioni.
Insomma, te ne vai in Giappone o cosa?
Ho felicemente conquistato la condizione di libero professionista, in quanto tale, per rimanere felice, devo lavorare laddove la mia opera è richiesta. Ho un bisogno innato di provare a fare cose che risultino utili per le comunità. Per fortuna la società globalizzata offre spazi di lavoro meno asfittici del mercato locale, dal quartiere in cui vivi al mondo intero. Basta avere umiltà e coraggio.
Escludi un ritorno all’impegno politico?
La politica è stata una grande passione giovanile, escludo di poterla fare come “mestiere”. Mi ha dato tanta parte della mia formazione e, a mia volta, ho dato il massimo che potevo. È dal ’93 che non mi ha più appassionato. Ho provato interesse per il progetto del Partito Democratico. Insieme con tanti altri ho promosso anche un’Associazione per contribuire alla sua realizzazione, ma siamo rimasti delusi dall’evoluzione delle cose. Forse rilanceremo l’Associazione su un profilo più politico-culturale.
Cosa sarà il “dopo-Cammarota” a Città del fare?
Sarà un futuro di successo nell’attuazione di interventi utili allo sviluppo integrato di quel sistema territoriale. Ci sono tutte le condizioni. Il CdA dell’Agenzia ha respinto le mie dimissioni, ma resto convinto che la struttura non abbia più bisogno della mia direzione, è una impresa ormai consolidata che, se vuole, può solo crescere.
L’unica incertezza riguarda il maggiore o minore utilizzo che se ne vorrà fare, ma questo dipende dalla volontà del sistema pubblico regionale, nazionale e innanzitutto locale. Sarebbe inspiegabile se i Comuni Soci non utilizzassero l’innovazione che loro stessi hanno voluto.
Per parte mia li ringrazio. Pur nel vorticoso e turbolento alternarsi di maggioranze politiche e di gestioni commissariali nei 10 Comuni Soci, in questo decennio non è mai venuto meno il conforto di una fiducia bipartisan -e anche dello Stato- sul mio operato.
Breve nota biografica
Osvaldo Cammarota, 54 anni, nato a Posillipo, si definisce “pescatore, marinaio e operatore di sviluppo territoriale”.
Dal ’77 al ’93 è stato candidato ed eletto 4 volte Consigliere Comunale di Napoli.
Si è occupato dei problemi della casa prima, durante e dopo il terremoto del 1980
Dall’ ’81 all’ ’83 è stato Assessore al Patrimonio nell’ultima Giunta Valenzi.
Da consigliere di opposizione si è occupato di politiche sociali e urbanistiche
Dal ’90 si è occupato delle PMI di Produzione e Lavoro, cooperative e private, promuovendo i primi Patti Territoriali in Campania.
Dal ’93 al ’95 è stato Presidente della Lega delle Cooperative Campania
A dicembre ’95 è Assessore tecnico alla Promozione e sviluppo nella giunta Bossa ad Ercolano
Nel ’96 promuove il “Patto territoriale del Miglio d’Oro” … “ il Miglio non è d’oro, ma può diventarlo …”
Nel ’97 è vice presidente della società responsabile dell’attuazione. Si dimette da Assessore …per me l’etica professionale non è un optional …” e inizia la libera professione di Operatore di Sviluppo Territoriale (categoria “Non Classificabile Altrove” all’ufficio delle partite IVA)
Nel Novembre del ’98 è chiamato dai Sindaci dei Comuni a Nord Est di Napoli per fare l’Amministratore Delegato del SIL responsabile dell’attuazione del Patto Territoriale per l’Occupazione. Nel 2001 il programma del PTO è interamente attuato.
Nel 2002, su impulso dei Sindaci e con l’accompagnamento del Programma Aggiuntivo Cipe per i PTO, promuove l’evoluzione del PTO in Agenzia Locale di Sviluppo “Città del fare” per consolidare e sviluppare le innovazioni prodotte.
Nel 2007 conclude l’attuazione del PA Cipe. A gennaio 2008 si dimette da AD ed è invitato dai Soci dell’Agenzia ad assumere il ruolo di Direttore generale.
Accompagna l’Agenzia nel “passaggio di fase, dal decennio di sperimentazione al funzionamento ordinario”. Nel giugno 2009 rimette l’incarico di DG.
La frase poetica preferita. Fabrizio de Andrè: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.
Il libro più apprezzato. Erwin Laszlo “Navigare nella turbolenza. La direzione di impresa del terzo tipo”
il suo pensiero più ricorrente. “Il tempo è una risorsa. Se nel tempo che passa non si creano nuovi eventi, anche il tempo che viene è tempo perso”.
Le passioni. Il mare e i suoi mestieri-maestri di vita; il lavoro come valore, come prodotto non separabile dall’intelligenza di chi lo rende.
La sua chiave di valutazione del prossimo, Raffaele Viviani : “Non dirmi chi sei, dimmi cosa hai fatto”
I suoi più recenti lavori di ricerca:
“La Recuenta dei PTO” – il rendiconto dei 10 anni di attività dei PTO. Le realizzazioni, i saperi e le competenze accumulate, i possibili scenari di utilizzo.
“Come costruire coesione sociale?” Paper commissionato nell’ambito delle attività del VII Programma quadro per la ricerca per il Social Polis 2009 di Vienna.


Raffaele Pirozzi direttore giornaleonline"www.notiziesindacali.com

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