L’Unione Europea detta normative ben precise che regolano l’attività professionale, adottate da tutti gli Stati membri: solo l’Italia risulta inadempiente.
«Il decreto legislativo del 13 gennaio 1979 che ha regolarizzato fino ad oggi la categoria dei sommozzatori in servizio locale, è ormai poco incisivo per poter soddisfare i bisogni di un settore abbandonato da anni a se stesso che denuncia problemi sempre maggiori ».
La denuncia arriva da Manos Kouvakis, direttore del CEDIFOP (Centro Europeo di Formazione Professionale) di Palermo. «Nell’ultimo decennio - prosegue - sei disegni di legge, presentati in Parlamento durante diverse legislature e mai portati a termine, testimoniano l’interesse del legislatore per il settore ma, a mio parere, quelle proposte legislative, comunque, non sarebbero state incisive nel dare una descrizione reale e la relativa soluzione normativa agli innumerevoli problemi di cui soffre il settore».
L’Unione Europea detta normative ben precise che regolano l’attività professionale subacquea, che gli Stati membri hanno adottato ed applicato da tempo. Soltanto l’Italia, in questo caso, risulta inadempiente. La subacquea industriale, a differenza di quella sportiva e ricreativa, «ha bisogno di una legislazione che includa tutto il territorio nazionale, nell’ambito delle acque marittime territoriali, che comprendono le acque portuali, quelle costiere e quelle di altura situate comunque entro il limite (20 miglia nautiche) di interesse economico nazionale e di quelle interne che comprendono le acque dei bacini lacustri naturali ed artificiali, le acque fluviali e le acque ipogee, tenuto conto che l’operatore subacqueo industriale si proietta anche nel più vasto ambito internazionale».
Chiarire questo problema, ormai atavico, sarebbe importante, alla luce, ad esempio, di quanto avvenuto nel caso di alcune operazioni di bonifica. Spiega Kouvakis: «Con tutte le aziende di lavori subacquei che ci sono in Italia, la bonifica sulla Petroliera Milford Haven, a Genova, sono venuti a farla gli olandesi; visto che il committente ha badato “solo” all’offerta degli olandesi - di molto inferiore a quelle fatte dalle aziende italiane - essi hanno potuto operare in bassa sicurezza con il risultato di registrare ben due incidenti, per fortuna non molto gravi, ma certamente evitabili se la legislazione italiana fosse stata almeno similare a quella di tutti gli altri Stati europei, dove si possono fare lavori del genere solo dopo aver ottemperato a misure di prevenzione e sicurezza basilari per qualsivoglia intervento subacqueo.
«Il decreto legislativo del 13 gennaio 1979 che ha regolarizzato fino ad oggi la categoria dei sommozzatori in servizio locale, è ormai poco incisivo per poter soddisfare i bisogni di un settore abbandonato da anni a se stesso che denuncia problemi sempre maggiori ».
La denuncia arriva da Manos Kouvakis, direttore del CEDIFOP (Centro Europeo di Formazione Professionale) di Palermo. «Nell’ultimo decennio - prosegue - sei disegni di legge, presentati in Parlamento durante diverse legislature e mai portati a termine, testimoniano l’interesse del legislatore per il settore ma, a mio parere, quelle proposte legislative, comunque, non sarebbero state incisive nel dare una descrizione reale e la relativa soluzione normativa agli innumerevoli problemi di cui soffre il settore».
L’Unione Europea detta normative ben precise che regolano l’attività professionale subacquea, che gli Stati membri hanno adottato ed applicato da tempo. Soltanto l’Italia, in questo caso, risulta inadempiente. La subacquea industriale, a differenza di quella sportiva e ricreativa, «ha bisogno di una legislazione che includa tutto il territorio nazionale, nell’ambito delle acque marittime territoriali, che comprendono le acque portuali, quelle costiere e quelle di altura situate comunque entro il limite (20 miglia nautiche) di interesse economico nazionale e di quelle interne che comprendono le acque dei bacini lacustri naturali ed artificiali, le acque fluviali e le acque ipogee, tenuto conto che l’operatore subacqueo industriale si proietta anche nel più vasto ambito internazionale».
Chiarire questo problema, ormai atavico, sarebbe importante, alla luce, ad esempio, di quanto avvenuto nel caso di alcune operazioni di bonifica. Spiega Kouvakis: «Con tutte le aziende di lavori subacquei che ci sono in Italia, la bonifica sulla Petroliera Milford Haven, a Genova, sono venuti a farla gli olandesi; visto che il committente ha badato “solo” all’offerta degli olandesi - di molto inferiore a quelle fatte dalle aziende italiane - essi hanno potuto operare in bassa sicurezza con il risultato di registrare ben due incidenti, per fortuna non molto gravi, ma certamente evitabili se la legislazione italiana fosse stata almeno similare a quella di tutti gli altri Stati europei, dove si possono fare lavori del genere solo dopo aver ottemperato a misure di prevenzione e sicurezza basilari per qualsivoglia intervento subacqueo.