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domenica 13 gennaio 2008

Bari - 'Capitan Harlock' non un semplice portiere d'albergo ... di più, molto ...di più


L’attore e regista Stefano Angelucci Marino rinnova il suo appuntamento al Teatro Abeliano di Bari proponendo un altro personaggio sfornato dalla prestigiosa Scuola quella dell’ “Istituto Professionale Alberghiero” di Villa Santa Maria , un piccolo paese della provincia di Chieti nota in tutto il mondo per essere la “patria dei Cuochi”.

Così dopo la rappresentazione di “Arturo lo chef”, del cameriere “Micchele Parri”, propone la terza figura professionale che la famosa scuola forma, quella del portiere d’albergo.

Non un portiere qualsiasi, ma un operatore addetto al servizio di ricevimento, per niente freddo e asettico, ma disponibile ad accontentare la sua clientela nei migliori dei modi.

Sul palcoscenico viene rappresentata una camera d’ospedale di una casa di cura non precisata , dove il nostro protagonista , Domenic Pavia soprannominato dagli amici Capitan Harlock, per la sua passione a questo cartone animato giapponese, vive immerso tra giornalini, ricordi e disillusioni.

Così incomincia a raccontare come uscito dalla scuola con il suo bel diploma, iniziò a fare un briefing con sé stesso se rimanere nel suo paese o andar via, ma non in qualche posto d’Italia, ma all’estero in Germania che per lui era una terra da conquistare.

La Germania per lui rappresenta il paese delle opportunità, dove anche il padre vi aveva lavorato per 12 anni.

Proprio da qui su un grande schermo a turno sono proprio la madre, il padre ed il prete del paese che tentano di dissuaderlo in tutti i modi, soprattutto il padre che lo ammonisce in dialetto abruzzese : “non conosci i tedeschi, statte a la casa”.

Ma lui imperterrito parte e quando raggiunge Dusserdolf ritiene di aver raggiunto il paese dei balocchi.

Tutto era bello, rispetto a suo piccolo paese abruzzese, dalle strade ai negozi ed anche l’albergo dove doveva lavorare, i suoi quattro colleghi tutti di origine albanese, due uomini e due donne.

Un po’ meno lo era il proprietario Osvald un teutonico tutto d’un pezzo, autoritario e per niente socievole.

Dominic non si scoraggia e lavora con alacrità, maneggia con sicurezza la sua postazione di front office, tanto che l’albergo sembrava non poter andare avanti senza la sua presenza e arriva al punto di dire : “invidio il signor Osvald perché ha un dipendente come me”.

Ma il signor Osvald più volte lo guarda con disprezzo e tenta di denigrarlo e facendo spallucce si rivolge a lui con l’appellativo “italiani”, non per indicare le sue origini ma come se essere italiani significasse essere inferiore.

Così incomincia a conoscere i tedeschi, freddi, austeri e non capaci a guardare al di là del loro naso, con il loro senso ingiustificato di superiorità.

Dominic intravede questo loro modo di essere come un difetto di fabbrica che ha origine dal 1517 quando il teologo Martin Lutero aveva posto le sue 95 tesi contro le indulgenze, dando origine al Protestantesimo, dove i tedeschi non hanno colto il lato polemico anzi ne avevano fatto la loro religione.

Da qui nasce la sua disavventura dove il suo sogno, quello di realizzare e gestire in proprio un albergo, che avrebbe chiamato “Arcadia” dal nome dell’astronave di Capitan Harlock lo avrebbe portato ad essere espulso dalla Germania.

Disilluso, ingannato dalle vicissitudini Dominic cade in depressione, e da conquistatore come Capitan Harlock ora sembra essere schiacciato da una visione non reale che aveva dell’estero e quello che gli rimane per continuare a far volare la sua fantasia e ad avere speranza è leggere i suoi fumetti, dove gli eroi alla fine vincono sempre.

Anna deMarzo

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