Teatro Kismet Opera Bari – sabato 3 novembre 2007 – Sul palco: Nabil Salameh - cantoMichele Lobaccaro - chitarre, bassoAlessandro Pipino - tastiere , harmoniumTeresa Ludovico - voce recitante La musica, più di ogni altra forma d’arte, è capace di interarsi con le altre. Un esempio tangibile arriva dalla formazione dei Radiodervish, non più definibile come un gruppo italo-palestinese, ma una vera e propria dimostrazione di realtà musicale di un’Italia multiculturale, aperta alle diverse influenze e suggestioni che arrivano dalle altre sponde del Mediterraneo. Formatasi nel 1997 dal sodalizio artistico tra il neo cittadino italiano Nabil Salameh (voce e chitarra acustica) e Michele Lobaccaro (basso e chitarra acustica), già assieme negli Al Darawish, il duo ha da sempre tratto ispirazione per la composizione musicale da testi letterali, come nel caso di “Rosa di Turi” che prende spunto da una lettera dal carcere di Antonio Gramsci, o di “Due Soli” che si rifà ad un testo del mistico Rumi. Giunti al loro sesto album intitolato “L’immagine di te”, prodotto dalla prestigiosa Radiofandango con la produzione artistica del maestro Franco Battiato, i Radiodervish hanno riproposto ieri in un colmissimo teatro Kismet di Bari, lo spettacolo teatrale “In Search of Simurgh”, tratto dall’omonimo album edito nel 2004 dall’etichetta Il Manifesto. Il live di “ In Search of Simurgh” così come lo stesso progetto discografico, è ispirato ad un classico della letteratura sufi “La Conferenza degli uccelli” (Mantiq at-Tayr), scritto nel XII secolo dal mistico persiano Farid Ad-Din Attar, paragonato per la sua raffinata esposizione poetica e per i contenuti mistici, alla Divina Commedia di Dante, nella cultura occidentale. I Radiodervish, affiancati dalla regista ed autrice Teresa Ludovico, voce recitante dei suoi scritti “Ali di polvere”, conducono con sapiente maestria l’ascoltatore in una dimensione intima e surreale. I versi della Ludovico ben si integrano con le musiche della formazione musicale, in una “suite orientale” ad ampio e profondo respiro nella quale si narra dell’ impresa che trenta uccelli (si-murgh infatti significa trenta uccelli ) decidono di compiere alla ricerca del loro Re, il Simurgh . Un viaggio metaforico che si compie attraversando sette valli : dell’ Amore, della Conoscenza, del Distacco, dello Stupore, della Privazione e dell’ Annientamento per arrivare all’agognato Simurgh , immagine riflessa degli uccelli superstiti del cammino mistico. Aneddoti, racconti e favole erotiche, che dipingono un affresco meraviglioso di un’umanità composita popolata da re e principesse, da bellissimi giovani dal petto d’argento, da fanciulle dal volto di luna, da arcangeli che parlano con gli uomini e sufi poverissimi e pazzi d’amore. La forza immaginativa unita alla profonda spiritualità del racconto di Attar, sono temi ben congeniali alle tematiche di ricerca dell’io dei Radiodervish, da sempre portatori di una contaminazione culturale tesa all’integrazione tra Oriente ed Occidente, integrazione intesa anche come dialogo tra religioni diverse, dove comune è l’esperienza spirituale dell’uomo che cerca Dio, l’invocazione, il grido, lo smarrimento che attraversa tutte le culture e tutti i tempi .Del resto i Radiodervish hanno da sempre saputo fondere parole e musiche in un’alchimia unica ed inconfondibile nel panorama musicale italiano, sapendo integrare le poesie di Adonis alle lettere del carcere di Gramsci, i reportage giornalistici dai Cpt alle confessioni ipotetiche di un kamikaze, proprio per far sì che le due culture possano conoscersi e rendersi note ai più . Le immagini evocative del libro diventano così spunto per le composizioni dei brani dell’album “In Search of Simurgh”, riproposti con arrangiamenti totalmente nuovi, in un magistrale equilibrio tra interventi elettronici ed acustici, dove non mancano momenti lirici come nel canto ispirato al tenero amore tra Layla e Majnun , figure emblematiche degli innamorati nella letteratura orientale, o ancora nell’amore impossibile tra la principessa Amira ed il suo schiavo . Il volo, metafora principale del poema persiano, diventa così il tema conduttore del progetto musicale dei Radiodervish, dove l’Upupa e la Fenice assumono la veste di uccelli chiave della simbologia mistica, per ispirare la dolcissima ed eterea “La falena e la candela” per poi assumere nel brano di chiusura “Cento mondi” le fattezze di un viaggio spaziale . Lo spettacolo prosegue fluido in un sapiente equilibrio di pieni e di vuoti, in un’atmosfera intima e raccolta resa ancora più suggestiva dal progetto luci di Vincent Longuemare.Ultimo brano in chiusura una toccante versione de “L’Ave Maria”, cantata totalmente in arabo, con un interessante intro di chitarra acustica di Michele Lobaccaro, quasi sempre riproposta nei precedenti live con il solo intervento del piano e di un tappeto sonoro di archi sintetizzati . La musica e le parole, giungono lievi al cuore per tracciare un sentiero che porti direttamente alla ricerca spirituale della propria anima, in un’atmosfera eterea e meditativa dove le note dei brani musicali si dispiegano magicamente creando una trama sottilissima e limpida, sui cui diventa facile abbandonarsi e cedere alle più profonde verità dell’esistenza.
Claudia Mastrorilli
Claudia Mastrorilli