La musica riveste oggi molti ambiti della nostra vita, è presente in molti luoghi, non è trasmessa solo dalle radio come un tempo, la musica fa da colonna sonora ai film, alle pubblicità, ma non solo: troviamo un sottofondo musicale anche se andiamo dal parrucchiere, o al supermercato, o al centro commerciale. Molte coppie hanno una “loro canzone”, e molte canzoni acquisiscono un ruolo significativo all’interno della vita di una persona, data la loro valenza simbolica legata ad un particolare momento della nostra esistenza.
Ma quale sarà il fattore che conferisce alla musica questo potere, il potere di rappresentarci in un dato momento della nostra vita? Qual è il processo per il quale decidiamo di preferire una canzone ad un’altra? E quanto conta la bellezza nella musica?
Il termine musica è oggi inteso sotto varie accezioni: musica come suono, musica come percezione, musica come approfondimento antropologico (etnomusicologia), musica come terapia (musicoterapica), musica come soddisfazione dei desideri.
I mass media prediligono proprio quest’ultima accezione: “musica come soddisfazione dei desideri”. Il termine musica deriva dalla parola musa, che Platone collega al verbo greco “mwsqai”, che significa, per l’ appunto, desiderare. Un suono diventa musica solo quando esso genera soddisfazione, quella soddisfazione che si prova quando si colma un desiderio. Il desiderio, poi, può essere uno stato fisico o mentale, reale o fantastico, a cui la persona aspira.
La sfortuna dei musicisti attuali è quella di essere nati e di fare parte di una società mediatica, in cui, molte volte, non è fondamentale il valore musicale della canzone, quanto la sua commerciabilità, e per creare questa commerciabilità c’è bisogno di ridurre la musica ad un bene di consumo che, per essere venduto, deve generare la già menzionata “soddisfazione dei desideri”.
Da quando la musica è stata accostata al concetto di commercio, di vendita e di guadagno, ha acquisito un’importanza sempre più grande l’immagine, il packaging del prodotto e forse, anche dell’artista stesso, che è portato sempre più ad acquisire le connotazioni di un personaggio preconfezionato e creato su misura per accalappiare pubblico e, quindi, soldi.
Dunque, ritornando alla domanda “Quanto conta la bellezza nella musica?”, oggi, probabilmente la risposta è: moltissimo. La bellezza del prodotto, la bellezza dell’immagine che viene trasmessa, che deve generare desiderio, corrisponde, molte volte, alla bellezza fisica dell’artista. La cosa fondamentale è, a sentire il parere di critici ed esperti, come Sergio Taglioni (ingegnere del suono – Studio Lab Recording, presente alla puntata di “Wine Bar, Reality Culturale” condotta da Giuseppe Maria Galliano e Michela De Luiggi dal titolo “Quanto conta la bellezza nella musica?”), la creazione di un personaggio che desti i consensi del pubblico, e che permetta al pubblico di sentirsi simile a quel personaggio, di ritrovarsi in esso, in alcuni aspetti del suo carattere, del suo modo di fare, provando ammirazione nei confronti dello stesso oltre che per la sua musica.
Ma in che maniera si crea un personaggio?
Le case discografiche attuali, prima di investire in un cantante, valutano svariati aspetti, dalla voce, al talento, alla possibilità di recupero degli investimenti che esse stesse devono sostenere per produrre il cantante, ed alla generazione di guadagni dall’intero processo produttivo.
Una casa discografica, per mantenersi in vita, deve necessariamente accostare ai dischi di qualità, i cosiddetti “dischi per immagine”.
Per creare un’immagine, e quindi un personaggio, ci devono necessariamente essere dei presupposti, dei requisiti fisici, caratteriali e musicali sulla base dei quali bisogna poi intraprendere un percorso di perfezionamento che permetta la vendibilità del prodotto.
La cura dell’immagine viene affidata a professionisti che si attengono ad alcune fondamentali tecniche di vendita e distribuzione musicale, derivanti propriamente dal marketing.
Le tecniche di marketing più usate in questo ambito sono legate al pensiero di tre studiosi: Freud (che diceva che il comportamento del consumatore è dovuto a forze inconsce, da cui consegue il compito dei ricercatori motivazionali di comprendere quali sono queste forze inconsce che portano all’acquisto di un prodotto), Maslow (che diceva che gli individui classificano i bisogni in maniera gerarchica), e Herzberg (che diceva che il consumatore classifica il prodotto in base alla sua capacità di soddisfare/non soddisfare bisogni, e che quindi bisogna individuare quali sono i fattori di soddisfazione e di non soddisfazione).
Posto dunque come presupposto quella che è l’importanza attuale della bellezza, intesa nella sua accezione più ampia, all’interno del mondo della musica, in quanto generatrice di desideri che possono essere soddisfatti solo mediante l’acquisto del prodotto musicale, bisogna però dire che questo aspetto potrebbe essere limitato alla società attuale e non a quella futura, dato l’avanzamento e la trasformazione dei processi produttivi legati alla musica. Le case discografiche sono infatti attualmente in crisi a causa della pirateria del disco, e, ancor più, del peer-to-peer, che permette di scaricare in maniera illegale le canzoni da internet. Altro aspetto importante è la capacità dei new media di permettere ai musicisti di lavorare su melodie già note, di modificarle, e di far nascere da esse nuovi brani. È questo il caso della musica techno, che attinge il proprio materiale da cataloghi di suoni campionati; ma la musica techno è solo una delle possibilità offerte dall’utilizzo della rete in questo settore. Da qualche anno si parla di Cyber art, ovvero di una nuova modalità di produzione artistica legata all’utilizzo di internet come medium principale (al punto tale che è anche definita internet art, o solo net art). Tra le caratteristiche fondamentali della Cyber art vi è la “creazione continua”, la possibilità, cioè, per ogni utente provvisto di una connessione ad internet, di modificare le tracce musicali presenti in rete, e questo tipo di approccio alla musica genererà, a detta degli studiosi del settore, la scomparsa, nel lungo termine, della figura dell’autore dell’opera musicale, e con esso di tutti i processi di commercializzazione musicale legati alla società mediatica attuale (anche la cura dell’immagine e la bellezza perderanno il valore che detengono attualmente nella musica).
Il termine musica è oggi inteso sotto varie accezioni: musica come suono, musica come percezione, musica come approfondimento antropologico (etnomusicologia), musica come terapia (musicoterapica), musica come soddisfazione dei desideri.
I mass media prediligono proprio quest’ultima accezione: “musica come soddisfazione dei desideri”. Il termine musica deriva dalla parola musa, che Platone collega al verbo greco “mwsqai”, che significa, per l’ appunto, desiderare. Un suono diventa musica solo quando esso genera soddisfazione, quella soddisfazione che si prova quando si colma un desiderio. Il desiderio, poi, può essere uno stato fisico o mentale, reale o fantastico, a cui la persona aspira.
La sfortuna dei musicisti attuali è quella di essere nati e di fare parte di una società mediatica, in cui, molte volte, non è fondamentale il valore musicale della canzone, quanto la sua commerciabilità, e per creare questa commerciabilità c’è bisogno di ridurre la musica ad un bene di consumo che, per essere venduto, deve generare la già menzionata “soddisfazione dei desideri”.
Da quando la musica è stata accostata al concetto di commercio, di vendita e di guadagno, ha acquisito un’importanza sempre più grande l’immagine, il packaging del prodotto e forse, anche dell’artista stesso, che è portato sempre più ad acquisire le connotazioni di un personaggio preconfezionato e creato su misura per accalappiare pubblico e, quindi, soldi.
Dunque, ritornando alla domanda “Quanto conta la bellezza nella musica?”, oggi, probabilmente la risposta è: moltissimo. La bellezza del prodotto, la bellezza dell’immagine che viene trasmessa, che deve generare desiderio, corrisponde, molte volte, alla bellezza fisica dell’artista. La cosa fondamentale è, a sentire il parere di critici ed esperti, come Sergio Taglioni (ingegnere del suono – Studio Lab Recording, presente alla puntata di “Wine Bar, Reality Culturale” condotta da Giuseppe Maria Galliano e Michela De Luiggi dal titolo “Quanto conta la bellezza nella musica?”), la creazione di un personaggio che desti i consensi del pubblico, e che permetta al pubblico di sentirsi simile a quel personaggio, di ritrovarsi in esso, in alcuni aspetti del suo carattere, del suo modo di fare, provando ammirazione nei confronti dello stesso oltre che per la sua musica.
Ma in che maniera si crea un personaggio?
Le case discografiche attuali, prima di investire in un cantante, valutano svariati aspetti, dalla voce, al talento, alla possibilità di recupero degli investimenti che esse stesse devono sostenere per produrre il cantante, ed alla generazione di guadagni dall’intero processo produttivo.
Una casa discografica, per mantenersi in vita, deve necessariamente accostare ai dischi di qualità, i cosiddetti “dischi per immagine”.
Per creare un’immagine, e quindi un personaggio, ci devono necessariamente essere dei presupposti, dei requisiti fisici, caratteriali e musicali sulla base dei quali bisogna poi intraprendere un percorso di perfezionamento che permetta la vendibilità del prodotto.
La cura dell’immagine viene affidata a professionisti che si attengono ad alcune fondamentali tecniche di vendita e distribuzione musicale, derivanti propriamente dal marketing.
Le tecniche di marketing più usate in questo ambito sono legate al pensiero di tre studiosi: Freud (che diceva che il comportamento del consumatore è dovuto a forze inconsce, da cui consegue il compito dei ricercatori motivazionali di comprendere quali sono queste forze inconsce che portano all’acquisto di un prodotto), Maslow (che diceva che gli individui classificano i bisogni in maniera gerarchica), e Herzberg (che diceva che il consumatore classifica il prodotto in base alla sua capacità di soddisfare/non soddisfare bisogni, e che quindi bisogna individuare quali sono i fattori di soddisfazione e di non soddisfazione).
Posto dunque come presupposto quella che è l’importanza attuale della bellezza, intesa nella sua accezione più ampia, all’interno del mondo della musica, in quanto generatrice di desideri che possono essere soddisfatti solo mediante l’acquisto del prodotto musicale, bisogna però dire che questo aspetto potrebbe essere limitato alla società attuale e non a quella futura, dato l’avanzamento e la trasformazione dei processi produttivi legati alla musica. Le case discografiche sono infatti attualmente in crisi a causa della pirateria del disco, e, ancor più, del peer-to-peer, che permette di scaricare in maniera illegale le canzoni da internet. Altro aspetto importante è la capacità dei new media di permettere ai musicisti di lavorare su melodie già note, di modificarle, e di far nascere da esse nuovi brani. È questo il caso della musica techno, che attinge il proprio materiale da cataloghi di suoni campionati; ma la musica techno è solo una delle possibilità offerte dall’utilizzo della rete in questo settore. Da qualche anno si parla di Cyber art, ovvero di una nuova modalità di produzione artistica legata all’utilizzo di internet come medium principale (al punto tale che è anche definita internet art, o solo net art). Tra le caratteristiche fondamentali della Cyber art vi è la “creazione continua”, la possibilità, cioè, per ogni utente provvisto di una connessione ad internet, di modificare le tracce musicali presenti in rete, e questo tipo di approccio alla musica genererà, a detta degli studiosi del settore, la scomparsa, nel lungo termine, della figura dell’autore dell’opera musicale, e con esso di tutti i processi di commercializzazione musicale legati alla società mediatica attuale (anche la cura dell’immagine e la bellezza perderanno il valore che detengono attualmente nella musica).
Manuela Scherillo
Per vedere la punata:
http://www.winebarshow.it/home/index.php/streaming-online-2010/165-quanto-conta-la-bellezza-nella-musica