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mercoledì 17 marzo 2010

Probiotici: utile una normativa specifica.

Probiotici e probiotici. Le tante pubblicità di televisione ed i giornali non fanno che decantare le virtù di quelli che comunemente venivano definiti “fermenti lattici”.
Sembra quasi, ormai, che gran parte dei prodotti edibili, dagli integratori ai farmaci ma anche tantissimi alimenti come yogurt e formaggi, debbano per forza di cose contenere uno o più tipi di probiotici vivi, ossia specie di batteri “allevati” in laboratorio ed aggiunti nei suddetti prodotti che vengono assunti con l'obiettivo di modificare la microflora intestinale, con il fine (dichiarato) di migliorare la salute quotidiana dei consumatori, in particolare il sistema immunitario e l’apparato digerente.
La questione che Giovanni D’AGATA pone alla pubblica attenzione, come componente del Dipartimento Tematico Nazionale “Tutela del Consumatore” di Italia dei Valori, non riguarda i benefici degli integratori probiotici sul corpo umano, che certamente sono possibili e spesso accertati dai singoli individui, ma da una parte la carenza di dati scientifici certificati sugli effetti benefici e dall’altra la possibilità di effetti collaterali, spesso non evidenziati nelle etichette.
Per queste ragioni è opportuno specificare alcune attenzioni in merito al consumo dei probiotici.
In primo luogo dev’essere sfatato un mito secondo il quale possono essere considerati quali sostituti per medicinali prescritti dal medico.
Inoltre, per quanto riguarda la natura e composizione degli stessi, se la maggior parte sono di solito a base vegetale, possono comunque contenere sostanze minerali, che possono non essere facilmente tollerate dalla generalità degli individui, mentre sono stati segnalati di effetti collaterali negativi agli in pazienti affetti da pancreatite, così come non è raro che qualcuno si lamenti di mal di stomaco e gonfiore eccessivo dopo aver provato un nuovo ceppo di probiotici.
Per queste ragioni, in assenza di regole specifiche per un settore in forte espansione, Giovanni D’AGATA, ritiene necessaria una normativa ad hoc sia in materia di etichettatura che in merito all’obbligo della denominazione ed indicazione dei ceppi specifici - poiché la modificazione genetica di alcuni tipi ha creato sub-ceppi che non sono sistematicamente identificati e che ne rende oggi l’identificazione difficile – e che serva anche a favorire un miglioramento delle procedure di controllo-qualità che allo stato appaiono insufficienti anche relativamente agli studi in termini di durata di conservazione, provenienza e conservazione dei batteri.

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