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sabato 6 settembre 2008

Paradossi surreali

Da “Esercizi di conversazione e dizione in francese per studenti americani” di E. Ionesco e da “I giganti della montagna” di L. Pirandello
CON In ordine di apparizione:
I signori Smith Seduti sulla panchina

Gli Scalognati:
Milordino
La Sgricia
Quaqueo
Duccio Doccia
Mara-Mara con l’ombrellino (La Scozzese)
Cotrone, detto Il Mago
Personaggio Muto

La Compagnia della Contessa:
Cromo
Ilse, la Contessa
L’accompagnatore
Regia di Enzo Marangelo
Voci di Francesca Pecoraro e Pierluigi Toro
Alfonso Grassi
Maria Pia Pierro
Renato Siniscalchi
Mario Paesano
Piera De Piano
Enzo Marangelo
Hermes De Maio
Fortuna Montone
Felicia Mongiello
MassimoCaiafa
Personaggio muto Hermes De Maio

Note di regia
L’esercizio di conversazione di E. Ionesco, l’esagerazione e il divertimento che ne derivano ci trasportano con disinvoltura nell’universo del bizzarro. Si trasgredisce la logica, si gioca sulla sorpresa, ci s’immerge nel burlesco, nell’assurdo ed appunto nei paradossi surreali.

Si giunge su un ampio spazio a forma di ellisse – navata, zattera, cortile – tenuto fermo da grandi alberi:

Una compagnia di attori, guidata dalla contessa Ilse, ha deciso di recitare un’unica grande opera La favola del figlio cambiato, e, non trovando accoglienza favorevole presso i comuni teatri, si reca alla villa degli Scalognati; si tratta di una strana villa animata da singolari prodigi, il cui regista è una specie di mago, Cotrone. Tutto può realizzarsi in questa particolare dimora; basta solo avere l’energia di una innocente convinzione. Cotrone invita Ilse a rimanere lì, a recitare per gli ospiti di quell’incantata dimora. Ilse però non accetta: vuole infatti che l’opera incida, anche con conflittualità, su tutti gli uomini. Cotrone le proprone allora di portare la sua Favola tra i Giganti della montagna, potenti signori continuamente occupati in grandiose opere, ma che hanno completamente abdicato alle ragioni dell’interiorità e dello spirito per correlare la loro esistenza solo ad una dimensione materiale. Ilse, pur consapevole del pericolo di portare un’opera così ricca di sensibilità verso chi è avvolto dalla volgarità, accetta. Il popolo, non certo abituato a questo tipo di spettacolo, apostrofa rozzamente Ilse e alla fine la uccide; e nell’epilogo, attraverso l’uccisione di Ilse, si consuma la tragedia della morte dell’arte nella società moderna.


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