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giovedì 19 novembre 2009

Bari - Una rivisitazione a sfondo psicologico della Tempesta di Shakespeare con Umberto Orsini


Dal 18 al 22 novembre 2009 è in scena al teatro Piccinni di Bari la Tempesta di William Shakespeare con Umberto Orsini, Flavio Bonacci, Rino Cassano, Gino De Luca, Francesco Feletti, Carmine Paternoster, Rolando Ravello, Enzo Salomone, Federica Sandrini, Francesco Silvestri, Salvatore Siriano; regia di Andrea De Rosa.

Sul palcoscenico la storia di Prospero, duca di Milano, che viene spodestato dal fratello Antonio con la complicità di Alonso, re di Napoli. Abbandonato insieme alla figlioletta Miranda su una scialuppa in balia delle onde, approda miracolosamente su un’isola deserta. Una volta qui, grazie alle sue arti magiche, libera Ariel, spirito dell’aria, dall’albero in cui una strega, Sicorax, lo aveva imprigionato e lo costringe a diventare esecutore di ogni suo ordine.

Anche Calibano, essere ripugnante ed ingenuo, figlio di Sicorax, viene sottomesso al potere di Prospero. Dopo dodici anni di esilio grazie ai suoi stratagemmi, Prospero scatena “una tempesta” che causa il naufragio di una nave su cui transitano molti nobili napoletani, tra i quali suo fratello Antonio e il re Alonso, con il figlio Ferdinando.

Tutti i passeggeri si salvano sbarcando sull’isola, ma il giovane Ferdinando, in virtù di un incantesimo, si ritrova da solo a piangere la morte del padre, che crede di aver visto annegare. Nel suo vagabondare incontra Miranda e si innamora di lei.

Intanto nell’altra parte dell’isola, anche Alonso è convinto che suo figlio sia morto e Ariel, per ordine del suo padrone, ne approfitta per farlo sprofondare in un dolore che lo conduce lentamente alla pazzia. E’ proprio grazie a questa pazzia, che Prospero riesce ad ottenere il pentimento di tutti. In fine concede il suo perdono e acconsente al matrimonio tra Miranda e Ferdinando, dopo aver rinunciato alla magia, restituisce ad Ariel la libertà e parte per l’Italia lasciando sull’isola solo Calibano.

Mentre il pubblico entra in teatro non curante, parlando del più e del meno, ancora ignaro del dramma che tra un pò prenderà forma sul palcoscenico. Proprio lì sul palco c’è un letto (che assomiglia a quello di un ospedale psichiatrico, con su una donna – Miranda, distesa che finge di dormire, riposare, sognare……. E chi più fantasia ha, più immagini…… poi pian piano gli spettatori si siedono e allora si accorgono che il dramma era già iniziato, era già dentro la quotidianità, più di quanto loro potessero immaginare.

Una scenografia quasi inesistente, alcuni pannelli laterali, una tenda socchiusa alle spalle del palcoscenico e pian piano sulla scena gli attori, che in questo nulla risaltano fortemente sulla scena anche per fisicità. I personaggi indossano abiti dalla foggia secentesca, tranne Prospero, che recita in abiti moderni. Molto efficaci gli effetti di entrata e di uscita dalla scena, compiuti da Ariel con l’ausilio di un imbrago che lo aiuta a tenersi sospeso e a declamare e pontificare i suoi interventi dall’alto della scena.

De Rosa di questa non facile opera di Shakespeare, scritta da quest’ultimo nel periodo più maturo della vita, da sicuramente un’interpretazione molto originale, concentrando il tutto sul protagonista Prospero, quasi un omaggio alle grandi capacità attoriali di Orsini, mettendo in secondo piano figure di grande creatività ed emotività come Ariel e Calibano di grande rilievo nell’opera originaria.

De Rosa come in alcuni suoi altri capolavori portati in scena, qui rivaluta la veste e il simbolismo psicologico – psicanalitico, dando al tutto un’immagine di primo novecento quasi dai toni pirandelliani. Tutti i personaggi poi si stagliano sulla scena come mostri della modernità mettendo in evidenzia vizi e difetti del genere umano di ogni tempo.

Uno spettacolo che si svolge su “un’isola che non c’è” non solo metaforicamente. Un’isola in cui la magia descritta da Shakespeare si realizza in scena grazie ad indovinati ed efficaci effetti sonori realizzati da Hubert Westkemper.

Da sottolineare la particolarità nell’aver i preso parti della traduzione dialettale di Eduardo De Filippo.

Nonostante le evidenti rivisitazioni moderniste rispetto all’opera originaria, De Rosa è riuscito in circa 90 minuti a rendere sulla scena i contenuti originari dell’opera mettendo in evidenza non solo l’ indiscussa maestria di Orsini ma valorizzando l’ efficace impronta dell’intero cast.

Maria Caravella

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