Il 24 ottobre, ore 18, si inaugura la mostra di Ella Williams e Tato, di fotografia, che ha come tema questi simboli inquietanti i quali rappresentano, di volta in volta, la paranoia determinata da una crisi esistenziale in atto, che continua inarrestabile dai grandi eventi sconvolgenti del secondo e terzo millennio, appena iniziato,
i freni inibitori che il conflitto sociale impone per coloro che sono subalterni alle classi dominanti,
e che non sempre si possono accantonare in quella parte dell’uomo che Lacan chiamò “campo immaginario”. Gli artisti di punta dell’inizio del novecento, si posero il problema di connotare l’arte facendo emergere questi conflitti con una teorizzazione che ribaltava i canoni estetici imperanti alla fine dell’ottocento. I primi a porsi problemi esistenziali furono artisti come Van Gogh il quale affermò di voler esprimere la passioni con i colori esasperati della sua pittura o come Munch che con il suo “grido” si fece interprete di una angoscia della natura anticipando il dramma dei danni che la civiltà industriale avrebbe provocato su di essa. Sia Van Gogh che Munch finirono pazzi.
Ma intellettuali come Nietzsche, nel passeggiare nelle strade di Torino, nel 1888, rimane drammaticamente impressionato dal vetturino che picchia a sangue il suo cavallo. Il filosofo prende le difese dell’animale e piange intensamente abbracciandone il collo. Di lì a poco scriverà la profezia di una grande guerra europea che scoppierà all’inizio del novecento e sarà addirittura
“mondiale”.
Il Futurismo è il primo movimento artistico che nasce agli albori del novecento rompendo lo schematismo di un’arte che privilegio l’estetica. Con il Manifesto di Marinetti (1909) l’arte diventa una forma di creatività immersa nel sociale e parteciperà agli eventi successivi, tragici, militari e politici. Sarà anche la svolta di un’arte che si appropria delle nuove forme espressive legate a supporti anche diversi da quello tradizionale delle tela e si servirà della fotografia, del teatro, della tecnologia disponibile come quella del cinema.
A conclusione di una guerra che registrerà soltanto in Italia 650.000 morti, gli uomini si ritroveranno ancora più fragili con una paura di vivere che neanche la diffusione delle teorie di Freud e il trattamento dello psicoanalisi da lui indicata, serviranno a rimuovere la paranoia in cui l’uomo cadde.
Le avanguardie artistiche si fecero interpreti di questa angoscia, indicando le vie di una nuova connotazione dell’arte non solo pittorica, ma anche grafica, fotografica e cinematografica che
suggerisse non la rassicurante “mitopoiesi” cui si riferivano gli antichi, ma la grande inquietudine
del secolo perchè l’uomo ne prendesse coscienza per controllare il torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) razionalizzando il delirio attraverso l’opera d’arte (momento critico).
Scrive Gabriella Guglielmi alias Ella William: “Al di là di qualsiasi differenza tra pittori o movimenti artistici la marionetta, il manichino o la maschera sono senz’altro emblemi di una crisi in atto: Gli avvenimenti politici e sociali di questi anni non possono influenzare l’uomo che, disilluso e privato di qualsiasi certezza, si ritrova confuso, privo di ideali e di identità. Allora cerca nelle forme stabili, degli stampi immobili che gli restituiscano l’illusione della certezza e della fissità.”
Da: “La marionetta, il manichino, la maschera nell’arte e nella letteratura contemporanea” articolo
Pubblicato in: “Nel paese dei balocchi”, “Ad Litteram edizioni”, 1993.
Gli autori, a quattro mani, di questa mostra fotografica si ispirano apertamente a questa problematica, che, anche alla luce degli avvenimenti drammatici dell’inizio del terzo millennio, è emersa generando altra paranoia di cui i due artisti, Tato è lo pseudonimo di un comunicatore visivo, vogliono che l’umanità prenda coscienza.
Antonio Tateo (detto Tato)
Caffetteria “Punto e Virgola”, vai A.M. De Luca, 10 ( accanto alla Galleria “Il Catalogo” di L. Schiavone) tel. 089 232700 - Salerno -
i freni inibitori che il conflitto sociale impone per coloro che sono subalterni alle classi dominanti,
e che non sempre si possono accantonare in quella parte dell’uomo che Lacan chiamò “campo immaginario”. Gli artisti di punta dell’inizio del novecento, si posero il problema di connotare l’arte facendo emergere questi conflitti con una teorizzazione che ribaltava i canoni estetici imperanti alla fine dell’ottocento. I primi a porsi problemi esistenziali furono artisti come Van Gogh il quale affermò di voler esprimere la passioni con i colori esasperati della sua pittura o come Munch che con il suo “grido” si fece interprete di una angoscia della natura anticipando il dramma dei danni che la civiltà industriale avrebbe provocato su di essa. Sia Van Gogh che Munch finirono pazzi.
Ma intellettuali come Nietzsche, nel passeggiare nelle strade di Torino, nel 1888, rimane drammaticamente impressionato dal vetturino che picchia a sangue il suo cavallo. Il filosofo prende le difese dell’animale e piange intensamente abbracciandone il collo. Di lì a poco scriverà la profezia di una grande guerra europea che scoppierà all’inizio del novecento e sarà addirittura
“mondiale”.
Il Futurismo è il primo movimento artistico che nasce agli albori del novecento rompendo lo schematismo di un’arte che privilegio l’estetica. Con il Manifesto di Marinetti (1909) l’arte diventa una forma di creatività immersa nel sociale e parteciperà agli eventi successivi, tragici, militari e politici. Sarà anche la svolta di un’arte che si appropria delle nuove forme espressive legate a supporti anche diversi da quello tradizionale delle tela e si servirà della fotografia, del teatro, della tecnologia disponibile come quella del cinema.
A conclusione di una guerra che registrerà soltanto in Italia 650.000 morti, gli uomini si ritroveranno ancora più fragili con una paura di vivere che neanche la diffusione delle teorie di Freud e il trattamento dello psicoanalisi da lui indicata, serviranno a rimuovere la paranoia in cui l’uomo cadde.
Le avanguardie artistiche si fecero interpreti di questa angoscia, indicando le vie di una nuova connotazione dell’arte non solo pittorica, ma anche grafica, fotografica e cinematografica che
suggerisse non la rassicurante “mitopoiesi” cui si riferivano gli antichi, ma la grande inquietudine
del secolo perchè l’uomo ne prendesse coscienza per controllare il torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) razionalizzando il delirio attraverso l’opera d’arte (momento critico).
Scrive Gabriella Guglielmi alias Ella William: “Al di là di qualsiasi differenza tra pittori o movimenti artistici la marionetta, il manichino o la maschera sono senz’altro emblemi di una crisi in atto: Gli avvenimenti politici e sociali di questi anni non possono influenzare l’uomo che, disilluso e privato di qualsiasi certezza, si ritrova confuso, privo di ideali e di identità. Allora cerca nelle forme stabili, degli stampi immobili che gli restituiscano l’illusione della certezza e della fissità.”
Da: “La marionetta, il manichino, la maschera nell’arte e nella letteratura contemporanea” articolo
Pubblicato in: “Nel paese dei balocchi”, “Ad Litteram edizioni”, 1993.
Gli autori, a quattro mani, di questa mostra fotografica si ispirano apertamente a questa problematica, che, anche alla luce degli avvenimenti drammatici dell’inizio del terzo millennio, è emersa generando altra paranoia di cui i due artisti, Tato è lo pseudonimo di un comunicatore visivo, vogliono che l’umanità prenda coscienza.
Antonio Tateo (detto Tato)
Caffetteria “Punto e Virgola”, vai A.M. De Luca, 10 ( accanto alla Galleria “Il Catalogo” di L. Schiavone) tel. 089 232700 - Salerno -