1. Theatherakademie di Amburgo
“La signorina Giulia” di August Strindberg
Notte di mezza estate. La signorina Giulia chiede a Jean, il domestico, di ballare. In un sogno ricorrente vede se stessa seduta su un’alta colonna dalla quale non riesce a scendere; al contrario, Jean sogna di salire, di scalare la cima di un albero. Si incontrano a metà strada, nel loro desiderio di essere altro, di vivere un’altra vita… “Abbiamo assegnato la parte di Julie ad un attore per estremizzare l’aspirazione del personaggio ad essere “altro”, esasperando la confusione sulla sua identità. Abbiamo provato a dare al testo di Strindberg una dimensione in più, che potesse restituire l’isolamento e la disperazione di tre personaggi che si sforzano di adattarsi alle circostanze del mondo in cui sono nati, che tentano di sottrarsi al loro fallimento. Abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera speciale della notte di mezza estate, notte piena di speranze deluse e nuovi desideri; quando il momento della festa svanisce tutti iniziano a sentirsi vuoti…”
Regia: Felix Rothenhäusler
2. Università di Firenze - Polo Universitario Città di Prato
“A ferro e fuoco. Quattro studi sulle Lettere dal carcere di Gramsci”
Il pensiero intenso del Gramsci detenuto politico risulta ancora oggi pieno di significati contemporanei e freschi. Esemplari la sua forza morale e la sua energica difesa della propria libertà di pensiero, nella corrispondenza intima con la madre, con la moglie Giulia, con Tania, con il fratello Carlo, con i figli Delio e Giuliano. Lettore insaziabile eppur selettivo, ebbe carta e penna come unici strumenti per la propria resistenza politica ed umana e il lavoro intellettuale, svolto in condizioni precarissime, come unica risposta alla durezza di una condanna finita con la morte.
A ferro e fuoco. Quattro studi sulle ‘Lettere dal carcere’ di Gramsci è uno spettacolo composto, seguendo la vita di Gramsci detenuto politico, da quattro tappe: Ustica, San Vittore (Milano), Turi ed Ospedale Psichiatrico (Formia). Ogni parte è stata affidata alla regia di uno studente posto alla direzione della Compagnia teatrale universitaria. Ciascun gruppo ha liberamente interpretato e messo in scena le lettere, sottolineando, così, anche le diverse sensazioni e i diversi stati d’animo dello stesso Gramsci. Lo sforzo drammaturgico si è concretizzato con la trasformazione del materiale letterario dell’Autore in un copione teatrale a tutti gli effetti. Sono state analizzate in prima istanza le Lettere, poi altre opere, discorsi politici e articoli dell’Intellettuale scritti prima e durante la prigionia. La lettura e la scrittura di testi hanno infatti accompagnato Gramsci fino alla morte.
Sono emersi quattro aspetti fondamentali della resistenza eroica di Gramsci di fronte alla morte sia reale che “sociale” e all’annullamento graduale del proprio essere. Se nella prima parte viene esaltata la sua capacità di cogliere il positivo in tutto e la sua forza interiore che lo aiuta a non lasciarsi andare, nella seconda viene egregiamente colta la sua lotta continua per vivere come uomo libero in uno stato di controllo e sorveglianza assoluti. In Turi si vive l’avvicinarsi di un epilogo annunciato, ma non per questo meno sofferto e si avverte l’ansia, la disperazione di un uomo che si sente abbandonato da tutti tranne che da se stesso. Infine nell’ultima parte, come in una ideale sintesi, si coglie tutto l’animo gramsciano, attraverso una libera associazione del suo pensiero, quale flusso ininterrotto della sua coscienza.
Regia: Rebecca Tancredi (I studio); Francesca dell’Omodarme (II studio); Annalisa Di Palo (III studio); Daniele Bartolini (IV studio)
3. Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
“Alcesti e il nemico della morte”
Nel mito di Alcesti narrato da Euripide nell’omonima tragedia a lieto fine, Ercole riporta alla vita la donna che aveva accettato di morire per salvare suo marito Admeto. Il testo di Euripide – rappresentazione in chiave comica della realizzazione d’un desiderio impossibile, quello di sconfiggere la morte – è stato contaminato con brani tratti dall’opera di Elias Canetti. Il prologo, in particolare, è il presentimento di due scene di Vite a scadenza, dramma di una vita in cui già si conosce il giorno della morte, in cui Canetti compie pubblicamente la scelta di diventare “nemico della morte”, sentendo per la morte di qualsiasi uomo lo stesso dolore straordinario che Gilgamesh – riprendendo il mito babilonese – sente per la morte dell’amico Enkidu e che gli fa decidere di tentare (inutilmente) di strapparlo al regno dei morti e di diventare “nemico della morte”.
Regia: Renato Nicolini e Marilù Prati
4. Università degli Studi di Torino
“Magie in piazza – Arrivano gli imbonitori”
A partire dal medioevo, l’imbonitore è stato tramite tra cultura alta e bassa, portatore di comunicazione tra villaggio e villaggio, contaminatore del linguaggio per mezzo dei dialetti. Prima che nascesse l’edificio teatrale c’erano le piazze e i mercati. Qui si radunavano saltimbanchi e illusionisti, ciarlatani e fachiri, giocatori d’azzardo e istrioni. C’era anche chi decantava e spacciava medicamenti e unguenti portentosi, toglieva denti o interpretava sogni, vendeva cose da nulla facendole passare per miracolose reliquie, avvalendosi della sua parlantina per accreditarle. Il tentativo è quello di proporre, mediante personaggi tratti dal mondo delle piazze, e con l’influenza basilare della Commedia dell’Arte, un ritorno del teatro alle sue origini, legate alle quotidiane necessità più che all’intrattenimento fine a sé stesso, legato all’immediata sincerità del corpo che porta la parola sporca del reale. La costruzione di ogni personaggio non parte dal testo ma dal corpo, da "sensazioni" trasportate fisicamente sull'attore, che diventano camminate, atteggiamenti, posture ed infine vere e proprie azioni.
Regia: Antonio Damasco
5. Middlesex University - London
“Le fiabe dei fratelli Grimm”
Lo spettacolo incentrato sulle più celebri fiabe dei fratelli Grimm è rappresentato dagli studenti del terzo anno di Arti Teatrali della Middlesex University di Londra, su un adattamento dei racconti di Carol Anne Duffy, scrittrice e poetessa inglese contemporanea.
La compagnia ha attinto ad una miriade di stili e tecniche performative al fine di mostrare come storie universalmente conosciute possano sempre essere aggiornate e rimodernate – e nel fare questo ha esplorato alcuni dei temi più oscuri che in molti altri spettacoli sono stati trascurati.
Regia: David Frias-Robles and Natalie Gaskell
6. King Abdulaziz University – Saudi Arabia
“La barricata”
Lo spettacolo è ambientato in un posto di blocco di frontiera, tra barriere e filo spinato. È un luogo isolato, dove i protagonisti vivono confinati: un vecchio padre di famiglia in attesa che il figlio ritorni da un lungo viaggio all’estero; il giovane figlio, che ha dovuto superare numerosi ostacoli per poter rivedere il genitore; un soldato, a capo del posto di blocco, che esercita il suo controllo autoritario sul territorio e sulle vite dei due. Infine un misterioso personaggio che simpatizza per il soldato, sebbene la sua vera identità sia un mistero; è un uomo del posto e condivide con il vecchio padre l’amarezza di una vita vissuta nella violenza, al limite estremo del mondo.
“Mi sono imbarcato su aerei, treni ed autobus per arrivare alla fine della strada. Terminata la rotta, quando era impossibile tornare indietro, ho camminato a piedi ed anche strisciando e sono tonato qui”.
Così inizia il racconto del figlio, mentre trascina le stanche valigie, dopo aver tanto sofferto, sempre pronto a subire nuove torture, a sopportare nuovi dolori. Potrebbe riposare, ma il suo animo è ancora devastato e tormentato da vecchi fantasmi.
La barricata è rappresentata da Handal, un arabo sofferente e afflitto che assume diverse sembianze e personalità, con nomi falsi e passaporti contraffatti. Quando sta per scegliere una nuova identità decide di conoscere suo padre; allora iniziano a scoprirsi l’un l’altro ma a prezzo di gravi sofferenze, condividendo esperienze di vita dolorose e nuove preoccupazioni. Ognuno racconta la propria miseria e le proprie sofferenze. Per il padre, stare lontano dal figlio ha significato fare amicizia con la tristezza e con una pena tanto profonda che lo ha reso debole e stanco.
Il gioco psicologico si amplifica e il figlio non riconosce più il padre in quell’uomo; non può credere che il padre lo abbia cercato e aspettato per tanti anni ed inizia a considerarlo morto, così come gli è stato scritto in una lettera che porta con sé. Prova a rimuovere la barricata dove il soldato lo tortura, fisicamente e psicologicamente. Il soldato prova a sottrargli il foglio che porta con sé mentre scavalca la barricata, quindi inizia a torturare sia lui che l’anziano uomo fino a quando il giovane inizia a giocare un nuovo ruolo e passa dalla parte del soldato. Nel corso del gioco il giovane prova a convincere il soldato che il suo destino è perfettamente identico a quello che attende padre e figlio. Infine, il giovane ammette di possedere un falso passaporto e di aver cambiato nome ed identità numerose volte. Il padre muore, il figlio rimane in balia del dolore mentre l’uomo misterioso appare sempre più sospetto…
7. CUT Università degli Studi del Sannio
“La batracomiomachia – La guerra dei topi e delle rane”
Perché aver scelto proprio “La Batracomiomachia”? Se mi fosse consentito di essere sincero, una risposta ce l’avrei: “Boh!” Ma può un regista che addirittura viene classificato come “intellettuale” rispondere “Boh”? No, deve fornire motivazioni ponderose, stilare note iperacute, elucubrare chiavi di lettura pallosissime, preferibilmente incomprensibili. Me ne guarderò bene. Posso tuttalpiù evocare qualche ricordo di scuola, per esempio di quando il professore si sganasciasse dalle risate nel tradurla e chiosarcela; ma ridevano soltanto lui e il primo della classe. Io certo no, mi annoiavo moltissimo. Mi sembrava una gran frescaccia. Ora, più di mezzo secolo dopo, ho cambiato idea. L’ho riscoperta per caso e sono rimasto folgorato dal talento comico del giovane traduttore Leopardi, dal suo modo sottilissimo e geniale di parodiare il poema epico greco, forse l’Iliade. Ai tempi del grande recanatese si pensava ancora che l’autore della “Batracomiomachia” fosse stato lo stesso Omero, che con “La guerra dei topi e delle rane” avrebbe fatto la presa in giro del suo poema. Poi gli studiosi si sono accertati che per vari motivi non poteva trattarsi di Omero, ma di un poeta di due o tre secoli dopo, di cui non si conosceva il nome e che venne e viene soprannominato lo “Pseudo-Omero”.
Sul palcoscenico del Comunale lo lo “Pseudo-Omero” sarò io, che leggerò le parti descrittive del poemetto in versi, mentre i miei amati e sempre più bravi allievi del C.U.T. dell’Università di Benevento interpreteranno rane, topi e Dei dell’Olimpo, abilmente animati dal giovane coreografo Pasquale Napolitano e vestiti dalla bella costumista Daniela Donatiello. “Altro dirvi non vo, ma che la festa ch’anco tardi a venir non sia grave…” .
“La signorina Giulia” di August Strindberg
Notte di mezza estate. La signorina Giulia chiede a Jean, il domestico, di ballare. In un sogno ricorrente vede se stessa seduta su un’alta colonna dalla quale non riesce a scendere; al contrario, Jean sogna di salire, di scalare la cima di un albero. Si incontrano a metà strada, nel loro desiderio di essere altro, di vivere un’altra vita… “Abbiamo assegnato la parte di Julie ad un attore per estremizzare l’aspirazione del personaggio ad essere “altro”, esasperando la confusione sulla sua identità. Abbiamo provato a dare al testo di Strindberg una dimensione in più, che potesse restituire l’isolamento e la disperazione di tre personaggi che si sforzano di adattarsi alle circostanze del mondo in cui sono nati, che tentano di sottrarsi al loro fallimento. Abbiamo cercato di ricreare l’atmosfera speciale della notte di mezza estate, notte piena di speranze deluse e nuovi desideri; quando il momento della festa svanisce tutti iniziano a sentirsi vuoti…”
Regia: Felix Rothenhäusler
2. Università di Firenze - Polo Universitario Città di Prato
“A ferro e fuoco. Quattro studi sulle Lettere dal carcere di Gramsci”
Il pensiero intenso del Gramsci detenuto politico risulta ancora oggi pieno di significati contemporanei e freschi. Esemplari la sua forza morale e la sua energica difesa della propria libertà di pensiero, nella corrispondenza intima con la madre, con la moglie Giulia, con Tania, con il fratello Carlo, con i figli Delio e Giuliano. Lettore insaziabile eppur selettivo, ebbe carta e penna come unici strumenti per la propria resistenza politica ed umana e il lavoro intellettuale, svolto in condizioni precarissime, come unica risposta alla durezza di una condanna finita con la morte.
A ferro e fuoco. Quattro studi sulle ‘Lettere dal carcere’ di Gramsci è uno spettacolo composto, seguendo la vita di Gramsci detenuto politico, da quattro tappe: Ustica, San Vittore (Milano), Turi ed Ospedale Psichiatrico (Formia). Ogni parte è stata affidata alla regia di uno studente posto alla direzione della Compagnia teatrale universitaria. Ciascun gruppo ha liberamente interpretato e messo in scena le lettere, sottolineando, così, anche le diverse sensazioni e i diversi stati d’animo dello stesso Gramsci. Lo sforzo drammaturgico si è concretizzato con la trasformazione del materiale letterario dell’Autore in un copione teatrale a tutti gli effetti. Sono state analizzate in prima istanza le Lettere, poi altre opere, discorsi politici e articoli dell’Intellettuale scritti prima e durante la prigionia. La lettura e la scrittura di testi hanno infatti accompagnato Gramsci fino alla morte.
Sono emersi quattro aspetti fondamentali della resistenza eroica di Gramsci di fronte alla morte sia reale che “sociale” e all’annullamento graduale del proprio essere. Se nella prima parte viene esaltata la sua capacità di cogliere il positivo in tutto e la sua forza interiore che lo aiuta a non lasciarsi andare, nella seconda viene egregiamente colta la sua lotta continua per vivere come uomo libero in uno stato di controllo e sorveglianza assoluti. In Turi si vive l’avvicinarsi di un epilogo annunciato, ma non per questo meno sofferto e si avverte l’ansia, la disperazione di un uomo che si sente abbandonato da tutti tranne che da se stesso. Infine nell’ultima parte, come in una ideale sintesi, si coglie tutto l’animo gramsciano, attraverso una libera associazione del suo pensiero, quale flusso ininterrotto della sua coscienza.
Regia: Rebecca Tancredi (I studio); Francesca dell’Omodarme (II studio); Annalisa Di Palo (III studio); Daniele Bartolini (IV studio)
3. Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria
“Alcesti e il nemico della morte”
Nel mito di Alcesti narrato da Euripide nell’omonima tragedia a lieto fine, Ercole riporta alla vita la donna che aveva accettato di morire per salvare suo marito Admeto. Il testo di Euripide – rappresentazione in chiave comica della realizzazione d’un desiderio impossibile, quello di sconfiggere la morte – è stato contaminato con brani tratti dall’opera di Elias Canetti. Il prologo, in particolare, è il presentimento di due scene di Vite a scadenza, dramma di una vita in cui già si conosce il giorno della morte, in cui Canetti compie pubblicamente la scelta di diventare “nemico della morte”, sentendo per la morte di qualsiasi uomo lo stesso dolore straordinario che Gilgamesh – riprendendo il mito babilonese – sente per la morte dell’amico Enkidu e che gli fa decidere di tentare (inutilmente) di strapparlo al regno dei morti e di diventare “nemico della morte”.
Regia: Renato Nicolini e Marilù Prati
4. Università degli Studi di Torino
“Magie in piazza – Arrivano gli imbonitori”
A partire dal medioevo, l’imbonitore è stato tramite tra cultura alta e bassa, portatore di comunicazione tra villaggio e villaggio, contaminatore del linguaggio per mezzo dei dialetti. Prima che nascesse l’edificio teatrale c’erano le piazze e i mercati. Qui si radunavano saltimbanchi e illusionisti, ciarlatani e fachiri, giocatori d’azzardo e istrioni. C’era anche chi decantava e spacciava medicamenti e unguenti portentosi, toglieva denti o interpretava sogni, vendeva cose da nulla facendole passare per miracolose reliquie, avvalendosi della sua parlantina per accreditarle. Il tentativo è quello di proporre, mediante personaggi tratti dal mondo delle piazze, e con l’influenza basilare della Commedia dell’Arte, un ritorno del teatro alle sue origini, legate alle quotidiane necessità più che all’intrattenimento fine a sé stesso, legato all’immediata sincerità del corpo che porta la parola sporca del reale. La costruzione di ogni personaggio non parte dal testo ma dal corpo, da "sensazioni" trasportate fisicamente sull'attore, che diventano camminate, atteggiamenti, posture ed infine vere e proprie azioni.
Regia: Antonio Damasco
5. Middlesex University - London
“Le fiabe dei fratelli Grimm”
Lo spettacolo incentrato sulle più celebri fiabe dei fratelli Grimm è rappresentato dagli studenti del terzo anno di Arti Teatrali della Middlesex University di Londra, su un adattamento dei racconti di Carol Anne Duffy, scrittrice e poetessa inglese contemporanea.
La compagnia ha attinto ad una miriade di stili e tecniche performative al fine di mostrare come storie universalmente conosciute possano sempre essere aggiornate e rimodernate – e nel fare questo ha esplorato alcuni dei temi più oscuri che in molti altri spettacoli sono stati trascurati.
Regia: David Frias-Robles and Natalie Gaskell
6. King Abdulaziz University – Saudi Arabia
“La barricata”
Lo spettacolo è ambientato in un posto di blocco di frontiera, tra barriere e filo spinato. È un luogo isolato, dove i protagonisti vivono confinati: un vecchio padre di famiglia in attesa che il figlio ritorni da un lungo viaggio all’estero; il giovane figlio, che ha dovuto superare numerosi ostacoli per poter rivedere il genitore; un soldato, a capo del posto di blocco, che esercita il suo controllo autoritario sul territorio e sulle vite dei due. Infine un misterioso personaggio che simpatizza per il soldato, sebbene la sua vera identità sia un mistero; è un uomo del posto e condivide con il vecchio padre l’amarezza di una vita vissuta nella violenza, al limite estremo del mondo.
“Mi sono imbarcato su aerei, treni ed autobus per arrivare alla fine della strada. Terminata la rotta, quando era impossibile tornare indietro, ho camminato a piedi ed anche strisciando e sono tonato qui”.
Così inizia il racconto del figlio, mentre trascina le stanche valigie, dopo aver tanto sofferto, sempre pronto a subire nuove torture, a sopportare nuovi dolori. Potrebbe riposare, ma il suo animo è ancora devastato e tormentato da vecchi fantasmi.
La barricata è rappresentata da Handal, un arabo sofferente e afflitto che assume diverse sembianze e personalità, con nomi falsi e passaporti contraffatti. Quando sta per scegliere una nuova identità decide di conoscere suo padre; allora iniziano a scoprirsi l’un l’altro ma a prezzo di gravi sofferenze, condividendo esperienze di vita dolorose e nuove preoccupazioni. Ognuno racconta la propria miseria e le proprie sofferenze. Per il padre, stare lontano dal figlio ha significato fare amicizia con la tristezza e con una pena tanto profonda che lo ha reso debole e stanco.
Il gioco psicologico si amplifica e il figlio non riconosce più il padre in quell’uomo; non può credere che il padre lo abbia cercato e aspettato per tanti anni ed inizia a considerarlo morto, così come gli è stato scritto in una lettera che porta con sé. Prova a rimuovere la barricata dove il soldato lo tortura, fisicamente e psicologicamente. Il soldato prova a sottrargli il foglio che porta con sé mentre scavalca la barricata, quindi inizia a torturare sia lui che l’anziano uomo fino a quando il giovane inizia a giocare un nuovo ruolo e passa dalla parte del soldato. Nel corso del gioco il giovane prova a convincere il soldato che il suo destino è perfettamente identico a quello che attende padre e figlio. Infine, il giovane ammette di possedere un falso passaporto e di aver cambiato nome ed identità numerose volte. Il padre muore, il figlio rimane in balia del dolore mentre l’uomo misterioso appare sempre più sospetto…
7. CUT Università degli Studi del Sannio
“La batracomiomachia – La guerra dei topi e delle rane”
Perché aver scelto proprio “La Batracomiomachia”? Se mi fosse consentito di essere sincero, una risposta ce l’avrei: “Boh!” Ma può un regista che addirittura viene classificato come “intellettuale” rispondere “Boh”? No, deve fornire motivazioni ponderose, stilare note iperacute, elucubrare chiavi di lettura pallosissime, preferibilmente incomprensibili. Me ne guarderò bene. Posso tuttalpiù evocare qualche ricordo di scuola, per esempio di quando il professore si sganasciasse dalle risate nel tradurla e chiosarcela; ma ridevano soltanto lui e il primo della classe. Io certo no, mi annoiavo moltissimo. Mi sembrava una gran frescaccia. Ora, più di mezzo secolo dopo, ho cambiato idea. L’ho riscoperta per caso e sono rimasto folgorato dal talento comico del giovane traduttore Leopardi, dal suo modo sottilissimo e geniale di parodiare il poema epico greco, forse l’Iliade. Ai tempi del grande recanatese si pensava ancora che l’autore della “Batracomiomachia” fosse stato lo stesso Omero, che con “La guerra dei topi e delle rane” avrebbe fatto la presa in giro del suo poema. Poi gli studiosi si sono accertati che per vari motivi non poteva trattarsi di Omero, ma di un poeta di due o tre secoli dopo, di cui non si conosceva il nome e che venne e viene soprannominato lo “Pseudo-Omero”.
Sul palcoscenico del Comunale lo lo “Pseudo-Omero” sarò io, che leggerò le parti descrittive del poemetto in versi, mentre i miei amati e sempre più bravi allievi del C.U.T. dell’Università di Benevento interpreteranno rane, topi e Dei dell’Olimpo, abilmente animati dal giovane coreografo Pasquale Napolitano e vestiti dalla bella costumista Daniela Donatiello. “Altro dirvi non vo, ma che la festa ch’anco tardi a venir non sia grave…” .